titolo: Tartarughe all’Infinito
autore: John Green
casa editrice: Rizzoli, 2017
pagine: 352
“L’inglese, che sa esprimere i pensieri di Amleto e la tragedia di Lear, non ha parole per il brivido e il mal di testa…[…] L’espressione “dolore cronico” non coglie nulla della sofferenza insostenibile, costante, incessante e ineludibile. E la parola “pazzo” ci arriva priva del carico di terrore e d’ansia con cui convivi. E nessuna di queste espressioni definisce il coraggio che le persone afflitte da tali dolori incarnano”
Le parole del dottor Singh, ricalcando quelle di Virginia Woolf, portano alla luce la ragione per cui vale la pena di tuffarsi in questo viaggio nella mente sofferente di Aza Holmes, 16 anni, protagonista di Tartarughe all’Infinito, l’ultimo romanzo di John Green : tra le sue pagine impariamo a conoscere una prima persona estremamente singolare ed autoreferenziale, prigioniera di una spirale negativa di pensieri intrusivi, che la fanno cadere in uno stato perenne di ipocondria e autolesionismo, ignorando spesso e volentieri il mondo esterno. Nessuno tranne lei può provare a spiegare cosa sente, come sta, cosa prova. Tutti la vorrebbero “in via di guarigione”, ma da certi mali non si guarisce, si può solo imparare a conviverci. Aza vorrebbe una vita normale, con delle relazioni normali, ma più proseguiamo nella lettura, più questo sembra un sogno irrealizzabile, mentre la osserviamo tentare di mantenersi a galla e non cedere definitivamente alle proprie paure. Ciò che colpisce, è il modo in cui descrive a se stessa e agli altri la propria condizione:
“…magari stai cercando di trovare te stessa, però non hai i sensi, non hai modo di sapere dove sono le pareti, da che parte si va avanti e indietro, qual è l’acqua e qual è l’aria. Sei priva di sensi e di forma: è come se potessi descrivere quello che sei solo identificando quello che non sei, e galleggi in un corpo privo di controllo. Non puoi decidere chi ti piace o dove vivi o quando mangi o di cosa hai paura. Sei prigioniera qui dentro, completamente sola, in questo buio.”
Tutti i personaggi di John Green sono un po’ come John Green, quando parlano, e senza cadere nel difetto, questo finisce per essere visto dai suoi lettori più affezionati come una apprezzata caratteristica: si riconosce e dunque ci si aspetta di ritrovare l’acuta brillantezza del famoso vlogger nelle metafore e nei pensieri più originali, nel nozionismo scientifico e storico che già era visibile in Teorema Catherine e in Città di Carta, e nelle riflessioni filosofiche, il perno di Cercando Alaska e Colpa delle Stelle. L’autore cerca continuamente ed ossessivamente risposte diverse alle stesse domande sull’Io e sul vivere, trasportandoci questa volta in un viaggio che non è rintracciabile in una cartina geografica, ma che si inoltra nella mente umana e nelle sue involuzioni di pensiero, alla ricerca di un modo per vivere nonostante le ferite che tutti noi ci portiamo dentro.
La storia ha inizio con la scomparsa di Russel Pickett, il padre di un vecchio amico di Aza, Davis. Sulla testa di Pickett, AD ricercato dall’FBI per corruzione, pende una taglia: chiunque dovesse scoprire e rivelare dove si trova, riceverebbe centomila dollari. Daisy Ramirez, migliore amica di Aza, la spinge a riallacciare i rapporti con Davis per scoprire qualcosa, e magari intascare la somma promessa… Ma le cose non vanno esattamente come previsto.
Tartarughe all’Infinito è una spira che si stringe su Aza, Daisy e Davis: tutti e tre devono fare i conti con i propri demoni. Quello della “pazzia”, quello della povertà, e quello dell’estrema solitudine dell’orfano, caricato di responsabilità più grandi di sé. Interessanti sono le contrapposizioni sociali tra i personaggi, annullate dalla necessità comune a tutti di amare e di scoprirsi amati, e le allusioni a problemi molto dibattuti negli Stati Uniti: il costo della sanità, il costo dell’istruzione, e la triste realtà delle code davanti ai metal-detector, che fanno sembrare le scuole molto più simili a prigioni.
Ciò che piace dei romanzi di John Green è che sono costruiti consapevolmente per stimolare il pensiero razionale, ma allo stesso tempo sanno prendere in contropiede il cuore, coinvolgendo ed emozionando il lettore, che, senza mai essere cullato o preso in giro, fino alla fine spera…
Una lettura davvero consigliata!
*recensione scritta per La Salamandra n.66