Articoli scritti da: Angela F. Siracusa

La mia passione per le storie mi ha portata a lavorare dieci anni tra biblioteche e musei, e ora mi catapulta in libreria. Nel 2012 ho aperto Lovingbooks, un approdo online per bibliofili e per (di)vagatori curiosi. Dal 2016 collaboro con La Salamandra, rivista interscolastica e universitaria di Treviso.

Afro Futurism e Africanfuturism

Come evolve l’immaginazione

0. le ragioni di questa riflessione

Ho già parlato di Afrofuturismo in passato in questo blog. Allora perché, direte voi, tornare a scriverne? Ebbene, mi sono resa conto, leggendo diversi articoli e interviste sull’argomento, di aver commesso un errore, connettendo questo termine così specifico al libro “Laguna“, e quindi sentivo di dover rimediare. Quella che segue è una riflessione aggiornata frutto dei miei approfondimenti, e siccome è una tematica che mi interessa per gli importantissimi risvolti umani e culturali, oltre che letterari, non escludo di poter tornare sull’argomento. In fondo all’articolo i riferimenti bibliografici.

1. collocazione nel panorama letterario

Afro Futurism e Africanfuturism in campo letterario possono essere considerati sottogeneri della Speculative Fiction. Pur avendo tratti comuni, presentano sostanziali differenze. In particolare, l’Afrofuturismo è una corrente trasversale che prende diversi settori artistici, coinvolgendo anche pittori, fashion designer, musicisti e registi.

2. Afrofuturismo: ovvero come spezzare le catene, da Olivia Butler a Janelle Monae, da Sun-Ra a Black Panther

L’Afrofuturismo come termine nasce da un’intervista che Mark Dery fece a Samuel R. Delany, Greg Tate e Tricia Rose nei primi anni novanta. E’ una corrente nella quale le nuove tecnologie, il contesto afro-americano il folklore e la fantascienza convergono, solitamente in chiave critica rispetto agli stereotipi che inchiodano africani e afroamericani alla rappresentazione occidentale, ribaltando i ruoli e spingendosi a immaginare un futuro diverso, in un contesto in cui, però, pesano ancora le tematiche del colonialismo, della diaspora africana, della discriminazione razziale e della schiavitù. E’ questo il caso di Black Panther, film e fumetto della Marvel in cui prende vita la meravigliosa Wakanda, circondata da un’Africa terribilmente attuale; dei libri di Octavia Butler; degli album di Janelle Monae e Sun-Ra. Un altro chiaro esempio è nel racconto “La Truffa Spaziale”* e in The Magical Negro” di Nnedi Okorafor. In questo secondo racconto lo stereotipo del “nero magico”, che ritroviamo in diversi libri anglosassoni e film hollywoodiani, appare inizialmente seguire il copione, correndo in aiuto di Brave Lance; ma quando quest’ultimo si rivela totalmente incapace di reagire e utilizzare al meglio l’aiuto ricevuto per salvare a entrambi la vita, lo stereotipo si ribalta, il nostro protagonista decide di non sacrificarsi, e rompendo la quarta parete ci dice:

tutta questa merda che state leggendo sta per cambiare. Il Nero Magico non si farà più prendere a calci in culo“.

Google doodle, Octavia Butler

3. Africanfuturism: ovvero come coltivare una nuova identità, nelle parole di Nnedi Okorafor.

Il Futurismo Africano, (se posso permettermi di tradurlo così senza per forza richiamare alla mente Marinetti e il suo Mafarka), si può considerare non in contrasto con l’Afrofuturismo, ma come sua naturale evoluzione. Questo perché le storie di questo sottogenere dimostrano totale indipendenza dal mondo occidentale, creando ambientazioni decolonizzate nel continente nero, e rifacendosi al folklore e alla pluralità di identità etniche africane, richiamando le tradizioni e i miti e al tempo stesso includendo nel quadro futuristico i temi delle nuove tecnologie, dell’ambientalismo e del femminismo.

Arrivo a dire che mentre Laguna si inserisce a metà strada tra Afrofuturismo e Africanfuturism, e così pure la trilogia de La Terra Spezzata di N.K. Jemisin e Figli di Sangue e Ossa di Tomi Adeyemi, un’opera come Binti, pur continuando a esplorare dinamiche etniche e interraziali (tra umani e alieni), fa un passo avanti alla conquista dello Spazio aperto, cercando nuove dinamiche. Riscontrabili in un altro racconto di Nnedi Okorafor: Mother of Invention“, in cui una casa smart prende le difese della protagonista, Anwuli, una donna nigeriana, tradita, abbandonata, e in pericolo di vita.

4. Speculative Fiction e “blackness”: il futuro è creta nelle mani degli artisti.

Che si tratti di Afrofuturism o di African Futurism, la nota fondamentale è che tutte le storie qui citate non sono il prodotto di una rappresentazione bianca, ma della riconquista identitaria, della riappropiazione di una visione immaginativa da parte di autori e artisti africani, o afro-americani, che hanno saputo esprimere a parole o in musica o sulla tela il vero valore culturale della blackness rompendo con ogni pregiudizio. L’African Futurism ha il merito di incorporarla in un’idea ancora più innovativa e superba di futuro, che fino a qualche decennio fa avremmo ritenuto più che improbabile e che ora invece ci permettiamo di sognare.

5. Riferimenti bibliografici

credits: immagini di Kaylan Michel, Manzel Bowman

Sandman: l’audiolibro

da Sandman Overture, di J.H. William III, DC Comics

The Sandman è una serie a fumetti scritta da Neil Gaiman e pubblicata da DC Comics tra 1989 e 1996. Ho iniziato a leggerla nel 2015, sulla scia di altre letture che mi avevano stregato, come l’Oceano in Fondo al Sentiero, Nessun Dove e Il Figlio del Cimitero. Come tutte le creazioni di Gaiman, Sandman mi ha subito affascinata, mi ha istruita su mille questioni della vita, mortale e non, e in più mi ha fatto ritrovare l’incanto della letteratura con la L maiuscola, per la voce, per lo stile narrativo, per le cornici metaletterarie di certi episodi e le brillanti citazioni. Mi ha portato a conoscere alcuni dei personaggi più vivaci e vibranti… Per me sarebbe impossibile parlare a fondo di questi elementi senza deviare dal tema principale dell’articolo, basti ricordare per ora che i suoi 75 numeri, raccolti in una collana deluxe di 10 volumi, sono considerati nell’insieme la migliore saga epica a fumetti di sempre e che hanno vinto diversi illustri riconoscimenti tra cui vari Eisner, un Hugo, un Bram Stoker Award e, con il numero 19 Sogno di Una Notte di Mezza Estate, magnificamente illustrato da Charles Vess, il World Fantasy Award come miglior racconto breve.

Gli Eterni, illustrazione di Frank Quitely

La storia gira intorno alla famiglia degli Eterni, con protagonista Morfeo delle Terre del Sogno. Accanto a lui troviamo Morte, Destino, Distruzione, Delirio, Desiderio e Disperazione. L’affresco di storie che riprendono miti e leggende, fiabe e vicende storiche, mescolando abilmente poesia, folklore e filosofia, e dei personaggi che intervengono ad arricchirlo, come Shakespeare e Marco Polo, gli angeli e Lucifero (si, proprio quel Lucifero!), Matthew il corvo, Orfeo e Euridice, Caino e Abele, John Costantine, Thor e Loki, si rivela nel corso della lettura sempre più mirabolante e denso di significato.

Ed ecco che a sorpresa, Neil Gaiman annuncia l’uscita Audible dell’ audiolibro di questa opera immensa, con un cast eccezionale! 20 ore di quella che so già sarà un’assoluta immensa goduria. Non lo dico solo perché ci sarà lo stesso Gaiman come voce narrante principale, e perché i miei audiolibri preferiti incidentalmente sono quelli full cast di Neverwhere, American Gods e The Graveyard Book. Anche Good Omen ha il suo posto speciale nel mio cuore. Ma anche per la presenza di James McAvoy, che ha già dato prova di sé nei panni di Richard, Andy Serkis (oh my precioussss), Michael Sheen (as Lucifer!!), Kat Dennings (la mitica di Thor e 2 Brocke Girls)… Insomma, non vedo l’ora di mettermi in ascolto, sognando nel frattempo anche la serie Netflix!

***E tu caro lettore, che rapporto hai con gli audiolibri? Hai ascoltato qualcosa di straordinario recentemente? Hai anche tu un autore del cuore, dal quale ti faresti leggere volentieri anche solo la lista della spesa?***

La Quinta Stagione

N.K. Jemisin

Orbit Books, 2015

Mondadori, 2019 / Oscar Fantastica

490 pagine

La Quinta Stagione è il primo volume della trilogia de La Terra Spezzata. La storia, che riprende e mescola in modo brillante elementi fantastici e fantascientifici, è ambientata in un mondo che sembra essere ridotto all’Immoto, (un unico continente simile alla nostra Pangea), che vive catastrofi ambientali croniche, le cosiddette “quinte stagioni“. Imperi, regni, intere civiltà per millenni sono stati distrutti e ricreati in conseguenza di queste apocalissi climatiche e l’unico strumento utile alla sopravvivenza sembra essere la litodottrina, una serie di leggi scritte in antichità. Il libro si apre per l’appunto con la fine del mondo, ovvero la genesi di una Quinta Stagione. E con Essun Resistente Tirimo, straordinaria protagonista, insegnante, moglie e madre di due figli. Essun, che torna a casa e trova il figlioletto morto e che capisce subito chi è il responsabile e cosa ha scatenato la furia omicida…

Spiegare una trilogia come La Terra Spezzata non è semplice. L’universo costruito dalla Jemisin è vibrante e complesso, fatto di curiose tecnologie, etnie, lingue e Storie, di creature mai viste prima come i mangiapietra e di uomini e donne che vivono una condizione di schiavitù e perenne discriminazione a causa della loro orogenia, la capacità biologica di sensire la terra. Per non parlare degli strani Obelischi che, un po’ come satelliti, gravitano nel cielo, ormai da tutti reputati inutili reperti di una civiltà perduta…

In questo mondo complesso e stravolto comincia il viaggio di Essun, che non cerca la mera sopravvivenza, ma la vendetta. Al lettore non viene risparmiato nulla: il dolore e la crudezza di certe scene, fin dal primo capitolo, fanno ben intendere che questa storia non sarà una passeggiata nei boschi. Non sembra esserci spazio per empatia, dolcezza e sensibilità in una Quinta Stagione, vive solo chi adotta un feroce pragmatismo, chi sa rendersi utile e chi si adatta rapidamente. Quello che mi ha colpito di Essun è che ciò che ha subito ha certamente indurito la sua scorza, ma non al punto da renderla vittima del suo cinismo. E’ tagliente e rozza come una lama spuntata, ma mai priva di cuore, di curiosità o di passione.

Non solo Essun. Conosciamo Damaya, una bambina la cui orogenia è stata appena scoperta, con conseguenze potenzialmente tragiche, e Syenite, una orogena cui viene affidata una missione che non le va proprio a genio… Tre nomi, Essun, Damaya e Syenite, tre voci apparentemente slegate e diversissime tra loro, tre persone legate da un unico destino, un mirabile intreccio di eventi che alla fine del libro lascia il lettore senza fiato per la sorpresa.

La Quinta Stagione ci mette sul cammino di tantissimi altri personaggi incredibilmente affascinanti, come il folle e potentissimo Alabaster, l’ambiguo Custode Schaffa e il piccolo trovatello Hoa. La caratterizzazione è un punto di forza del libro, insieme alla cura dei dettagli che si insinua nei dialoghi e nelle descrizioni senza mai cedere all’infodump. La narrazione scorre con un ritmo tale che viene difficile interrompere la lettura: non c’è un capitolo, uno solo, che sia anche solo vagamente noioso, in tutti succede qualcosa di importante, di strategico o sconvolgente. Sono rimasta appesa alle parole dell’autrice dalla prima riga all’ultima.

Un altro elemento che mi ha fatto amare la storia è il modo in cui i personaggi de La Terra Spezzata vivono la sessualità e vanno oltre gli stereotipi, e il modo in cui l’autrice ne scrive, senza fronzoli, veli o paure, come strumento per dare profondità e colore al personaggio e non per irretire il lettore, riuscendo a toccare dignitosamente temi davvero importanti.

La discriminazione razziale, la salvaguardia dell’ambiente dallo sfruttamento senza freni e senza ragione, il diritto alla libertà individuale… varie e attuali sono le riflessioni suscitate da La Quinta Stagione, affidate a una capacità narrativa e ad uno stile superbi, capace di offrire un punto di vista in seconda persona che da subito mi è entrato nel cuore e che pure si è rivelato sorprendente.

In conclusione ritengo La Quinta Stagione di Nora K. Jemisin un romanzo potente, affascinante, che supera i confini del genere letterario. Mi ha conquistata dopo poche pagine, surclassando ogni mia aspettativa.

5/5 stelle, entra di diritto tra i libri più amati… Non di questo 2020, ma in assoluto.

***disponibile anche la recensione de Il Portale degli Obelischi, secondo volume della trilogia da oggi in libreria!***

Il Portale degli Obelischi

Il secondo libro della trilogia La Terra Spezzata, di N. K. Jemisin, è finalmente in libreria!

Mondadori, 2020

Oscar Fantastica

444 pagine

Ho amato profondamente La Quinta Stagione, e quindi ringrazio Oscar Mondadori Vault per avermi dato l’opportunità di leggere Il Portale degli Obelischi in anteprima, fugando ogni dubbio e confermando le mie aspettative e le mie speranze per questo seguito tanto atteso.

Essun si mantiene una protagonista eccezionale, capace di farmi esultare e disperare con e per lei. Una figura di spessore, una donna bastonata dalla vita che non si limita a lottare per la propria sopravvivenza, ma per il bene di tutti. Una madre aggravata dal lutto, indurita dalle circostanze, ma non priva di empatia. Ferrea nel suo pragmatismo, ma pronta ad aprire i confini del suo sapere, perché sa che da questo dipende la sua libertà, conquistata a caro prezzo.

Se ne La Quinta Stagione arriviamo a conoscere praticamente tutta la sua vita, i suoi affetti e i suoi nemici, e a capire meccanismi e dottrine che regolano un’ambientazione tanto drammatica com’è quella dell’Immoto, tra plot twist insuperabili e scene da panico, ne Il Portale degli Obelischi gli eventi che la riguardano si susseguono senza sosta, un terremoto dopo l’altro. Essun è stata spezzata più e più volte proprio come la terra in cui vive, sconquassata da vulcani e ricoperta di cenere, ma a ogni brutta caduta oppone la forza della disperazione, il coraggio della ribellione contro ogni forma di discriminazione e la capacità di dimostrarsi feroce al momento giusto durante una Stagione che non perdona sensibilità e dolcezza, senza però mai cedere all’insensata crudeltà.

Insieme a lei ritroviamo personaggi che abbiamo amato e odiato, e che credevamo perduti. ***commento spoiler a fondo pagina*** Conosciamo Nassun, la figlia “rapita”, e incontriamo altre figure sorprendenti in quel di Castrima, Orogeni e Immoti, ma non solo… Finalmente tanti quesiti su Hoa e sui mangiapietra, sull’orogenia e sugli Obelischi stessi trovano risposta.

Incredibile ma vero, la Jemisin riesce ad alzare ancora di più la posta in gioco. Il viaggio di ricerca per ritrovare la figlia scomparsa e vendicare il figlio ucciso si trasforma in una missione per salvare Castrima, la com che l’ha accolta, e quello che rappresenta da un mondo in rotta di collisione.

Il Portale degli Obelischi è una lectio magistralis sul ritmo e la tensione narrativa.

La coerenza delle leggi scientifiche e magiche che governano l’Immoto e l’Orogenia, così come la costruzione di una Storia così ricca e densa di contraddizioni e proprio per questo realistica, la cura del linguaggio e dell’aspetto etnico e culturale: tutte queste caratteristiche, che avevano reso La Quinta Stagione un libro rilevante nel panorama letterario internazionale, non mancano di incantare e anzi sono ampliate e maggiormente dettagliate in questo secondo volume.

Il Portale degli Obelischi è uno di quei libri che avrei potuto divorare in pochi bocconi, tanto è scorrevole, ma che mi sono obbligata a leggere poco alla volta, soffermandomi quando necessario e godendo scena dopo scena, desiderando che finisse il più tardi possibile. Non mi piace attribuire freddi numeri ai romanzi che leggo, ma anche qui sono cinque stelle garantite.

Ora non vedo l’ora che esca la traduzione di The Stone Sky e di scoprire chi riconquisterà la Luna e cosa ne sarà degli abitanti dell’Immoto, e come si risolverà l’inevitabile incontro (o scontro?) tra madre e figlia e cosa ne sarà del rapporto tra Essun e Hoa, reso ancora più ambiguo e complicato dalle ultime pagine del Portale…

**SPOILER ALERT**

**SPOILER ALERT: le metamorfosi di Alabaster e Schaffa sono tra le sorprese più gradite del libro, e il legame che si stabilisce tra Schaffa e Nassun, altrettanto inaspettato, potenzialmente disastroso ma gestito fin qui divinamente.***

Trilogia della Terra Spezzata

Curiosità, desiderio, fissa e bisogno: come ho superato i quattro stadi del lettore e ho finalmente cominciato “La Quinta Stagione”…

Tra i premi letterari che seguo con più attenzione da diverso tempo ci sono i World Fantasy, Locus, Nebula e Hugo Awards. Questo perché negli elenchi di libri, raccolte di racconti e novelle trovo spesso i miei autori preferiti (nel panorama del fantastico, del weird e del fantascientifico), e ne scovo di altri che vale certamente la pena tenere d’occhio.

E’ nel 2015 che come un terremoto irrompe sulla scena N.K. Jemisin, con la sua trilogia The Broken Earth. Già candidata e finalista negli anni precedenti, nel 2016 vince l’Hugo per The Fifth Season e nei canali letterari non si parla d’altro. Inizio a drizzare le antenne. Nel 2017 vince con The Obelisk Gate, e nel 2018 fa tripletta con The Stone Sky. A questo punto sono bella che presa all’amo, ma ho diversi altri libri in lettura e decido, nonostante l’hype, di aspettare la traduzione italiana. Quando esce la notizia che Mondadori pubblicherà l’intera trilogia nella collana Oscar Fantastica sono al settimo cielo. Per di più mantenendo le copertine originali…! Devo aver rotto le scatole talmente tanto a casa, (quando mi fisso su qualcosa sono una pigna in…), che a sorpresa una sera mia madre tira fuori “La Quinta Stagione” dalla borsa. Un regalo per me e per la sanità mentale di tutta la famiglia.

Nel frattempo un cambio di lavoro, un trasloco e mille altre magagne spostano il mio asse verso altre cose, e si arriva così a metà aprile 2020. Ho appena sospeso il mio folle viaggio nello spazio e nel tempo con Arthur Dent e Ford Prefect, (di nuovo sulla Terra alla fine di Ristorante al termine dell’Universo). Guida Galattica è stato un compagno formidabile capace di tirarmi su il morale durante le prime settimane di quarantena, ma ora cerco qualcosa di diverso, qualcosa che non mi faccia ridere, perché non ne ho più voglia.

E così ricordo di avere La Quinta Stagione che mi aspetta da mesi quieto sullo scaffale TO READ. Ironia della sorte, sia Guida Galattica per gli Autostoppisti che la trilogia della Terra Spezzata parlano di mondi che stanno per finire, di mondi distrutti e poi ricostruiti, di Storia e di storie alternative, del senso della vita, l’universo e tutto quanto. Forse il mio subconscio sapeva che avevo bisogno di affrontare questa lettura ora, in questo momento storico, e mi ha guidato più di quanto pensassi.

Insomma, tutto questo papiro per dirvi che sono stata travolta dal mondo scolpito nella pietra dalla Jemisin e che l’ho trovato super ultra iper fantastico. Crudele, reale, talmente vivo da far male, con personaggi superbi le cui vicissitudini, (esplosioni e fuochi d’artificio ad ogni capitolo!), sono incanalate in una narrazione che è argento vivo nella roccia. Pun intended. La Fase 2 si apre con me, doppiamente travolta, alla fine della copia ARC de “Il Portale degli Obelischi“. Divisa ora tra la voglia di acquistare l’ebook di The Stone Sky o attendere l’edizione italiana, meritevole fin qui di due splendide traduzioni, curate nei minimi dettagli.

***Se volete saperne di più, stay tuned, nel prossimo articolo recensirò La Quinta Stagione e commenterò anche il seguito fresco di stampa, Il Portale degli Obelischi!***

***Se invece siete in vena di follia e umorismo, oltre che di pianeti distrutti, potete ascoltare qui l’audiolibro di Guida Galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams. O, come nel mio caso, vedere il film. Se non lo avete mai letto, fate un salto sulla Cuore d’Oro e andate a salutare Marvin!***

Commenti a caldo – Pigiama Computer Biscotti

Bao Publishing, 2019 – prima tiratura in 184 pagine b/n
Era da un po’ di tempo che volevo leggerlo, così non ho resistito quando ho avuto la fortuna di beccare l’offertona, acquistandolo in Kindle Edition per la cifra irrisoria di due caffè al bar. Ieri sera finalmente ho letto questa narrazione biografica a fumetti di Alberto Madrigal, che mi ha donato conforto e ispirazione. Per molti versi tocca nel profondo dei temi che mi parlano da vicino e lo fa con elegante tenerezza. Angosce e insicurezze dell’artista, dello scrittore, del partner e del padre, ma anche del ragazzo che diventa uomo, in un insieme dalle delicate inquadrature che a partire dal singolo dettaglio riescono a dipanare una storia privata, famigliare e allo stesso tempo universale. Per quanto riguarda lo stile di disegno, mi piace perché mi ricorda quello di un taccuino da viaggio, uno sketchbook dalle linee leggere ma ben definite, con sfumature e ombre acquerellate. Mi piacciono le tavole in bianco e nero ma se pubblicassero un’edizione tutta a colori penso che correrei ad acquistarla cartacea. Del resto, le colorazioni di Madrigal sono sempre spettacolari, guardate la copertina di questa graphic novel, e guardate anche quella realizzata per Zerocalcare… (A proposito di Calcà… ma quanto m’ha fatto sorridere vederlo comparire come personaggio tra le prime pagine di Pigiama Computer e Biscotti!? Una cifra!)

Una pagina da “Pigiama Computer e Biscotti” di Alberto Madrigal. Notate Zerocalcare nelle vignette inferiori

Voglio fare un appunto finale sulla modalità di lettura di questa edizione: al momento dell’acquisto ero dubbiosa, perché non ho mai letto un fumetto di questo genere in ebook*.
Pensavo che sarebbe stata una faccenda fastidiosamente ardua, invece mi ha sorpreso parecchio in positivo: la lettura guidata nell’App Kindle amplia automaticamente la singola vignetta e basta scrollare a destra per mantenere questa pratica modalità, che consente di non perdere nemmeno un dettaglio.
Ora non mi resta che ringraziare Alberto Madrigal per avermi ispirata a tal punto che a fine lettura ho alzato il culo dal letto e sono corsa a scrivere una scena del romanzo che mi tormenta da cinque anni ormai. Con la speranza di finirlo entro il 2020…

*Le scan dei manga sono un altro discorso e appartengono a un passato adolescenziale che nasconderemo abilmente sotto il tappeto, coff coff.

Dello stesso autore:

Marzo 2020 – Stoner

  • 332 pagine
  • Fazi Editore, 2012
  • Vintage Classic, 2003
  • Viking Press, 1965
  • dello stesso autore: Augustus, Butcher’s Crossing, Nulla, solo la notte

Nell’introduzione redatta da John Mcgahern nel 2002 per questo romanzo, lo scrittore irlandese fa riferimento due volte a un materiale di base non promettente, la storia di un’esistenza che ad occhi esterni parrebbe piatta e desolata. Quasi con meraviglia espone la grandezza insita nelle pagine di John Williams, evidenziando il fatto che da una vita così semplice e comune, quella di un insegnante universitario ostacolato nella sua carriera e di un marito impotente di fronte ai capricci e alle angherie di una donna che non ama più, l’autore sia riuscito a tirar fuori il dramma, il pathos che spetta alle grandi vicende. Forse non è altro che il miracolo stesso della letteratura, dell’ottima letteratura, saper trasformare la vita più comune in uno spettacolo, ma vi trarrei in inganno se vi dicessi che “Stoner” è solo un buon romanzo. Del resto, un bravo autore non dovrebbe mai mentire nel suo incipit, attenendosi fedelmente alla promessa fatta nelle prime righe.

William Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della Prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato di ricerca e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956. Non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido.”

Ma, anche se non c’è ombra di menzogna nello scoraggiante inizio di Stoner, l’autore incontrovertibilmente sembra divertirsi a smontarlo pezzo per pezzo nel corso del romanzo, rivoltandolo come un calzino, mostrando che dietro il tessuto liso e ingrigito c’era manco a dirlo, colorata lana d’alpaca! “Stoner” di John Williams è una lode alla vita di ogni giorno, all’esistenza e al passare ineluttabile del tempo che pian piano ci divora. E anche un elogio alla cultura, alla scuola, al mondo universitario che come professore l’autore ha frequentato per trent’anni della sua carriera. Non da ultimo, è una storia d’amore.

“Bill” Stoner è una creatura di terra, ha le mani di un lavoratore che sa che dai suoi sforzi dipenderà la quantità di cibo sulla tavola. Il carattere stoico, che ben si sposa all’espressione apatica, lo seguirà all’università e ne rimarrà parte integrante anche dopo aver sostituito gli strumenti dell’agricoltore con quelli del letterato. Già questo suo modo di condursi lo rende un eroe, un tipo di eroe che non possiamo non amare, perché lo riconosciamo in parte quando ci guardiamo allo specchio. E l’eroe che trova una ragione di alzarsi al mattino e di combattere, con gli strumenti che ha a disposizione, le battaglie che sceglie di affrontare e quelle in cui si trova trascinato suo malgrado, ed è l’eroe che decide di rialzarsi dopo essere inciampato in un ostacolo non previsto. A volte sembra che Stoner si faccia guidare dagli altri con languido sopore, un peso inerte nella corrente, ma quando più conta emerge con vigore sulla carta un protagonista eccellente, capace di sorprendere e di sorprenderci per la forza della sua passione e delle sue prese di posizione e per la capacità di radicarsi in esse nonostante il pericolo. Stoner è la biografia romanzata di un personaggio non banalmente dipinto, ma scolpito con tremenda precisione, con intensità tale da avere l’impressione, una volta chiuso il libro, di aver conosciuto quest’uomo in ogni suo spigolo, e di averlo compreso meglio di quanto potremmo mai comprendere noi stessi.

Non da meno, i personaggi che lo attorniano sono anime complesse, ricche e vivaci, dal professor Archer Sloane agli amici e colleghi Dave Masters e Gordon Finch, dalla moglie-avversaria Edith al vero amore Katherine Driscoll, dalla figlia Grace all’acerrimo nemico Lomax… Tutti loro concorrono a costruire un articolato palcoscenico, e in questo palcoscenico, mentre la vita avanza lineare e inesorabile, William Stoner tenta di salvaguardare la grammatica delle emozioni tra gli sconquassi di due guerre mondiali, in una lotta continua tra bestialità e umanità, tra ignoranza e cultura.

Stoner di John Williams è, in una parola, un capolavoro. Ci narra l’introspezione, i valori, la gravità del ragazzo che diventa uomo e dell’uomo che invecchia, dell’uomo che ama, che soffre e che lotta, con gli altri e con sé stesso, fino a percepire di essere molto più del suo apparente fallimento.

Casa di Foglie

uno sconclusionato diario di lettura*

*[Attenzione ai naviganti, potenziali spoiler]

Questo non è per te“.

Apro Casa di Foglie con solo una vaga idea dell’incredibile viaggio che mi aspetta… La citazione iniziale non mi spaventa abbastanza da farmi desistere.

3 febbraio 2020. Sto leggendo “Casa di Foglie” di Mark. Z. D. Sono arrivata al cap. IX, p. 116. Si mantiene un senso di spaesamento, curiosità e leggera inquietudine. Non riesco a leggere più di due capitoli alla volta, è tosto quanto contorto. Per ora sia la storia di Johnny, sia quella di Navidson mi trascinano. Non vedo l’ora di arrivare alle pagine più strane…

6 febbraio 2020. “Casa di Foglie”, ore 11.00. La nota 146 si estende, incolonnata a sinistra, da p. 130 a p.148, una lista di case, ville e monumenti in diversi stili architettonici. Ovviamente le ho dato una veloce scorsa, col [ ] che me la leggo tutta. Questa nota è un corridoio stretto e buio che conduce a un vicolo cieco. Fa parte del gioco, regala la stessa sensazione di frustrazione e soffocamento [che avrà provato N. durante l’esplorazione]. E la nota 144 è specchiata! Ma cosa…?!

7 febbraio 2020. Le note sono come gradini; talvolta sono corridoi oscuri e vicoli ciechi e altre volte scale verso il cielo. Non meno oscure le appendici. Il più grosso quesito che mi rimane è: Johnny si sta facendo condizionare dal libro di Zampanò in virtù di una sua predisposizione genetica alla follia, o invece è lecito pensare che sia stato intrappolato nella casa dal libro stesso? Le note a p. 151 sono particolarmente frustranti.

8 febbraio 2020. emicrania.

d o l o r o s a

a s t i n e n z a

d a l l a

l e t t u r a. 2020 oiarbbef 9

10 febbraio 2020. n. 183. Ho dovuto prendere in prestito lo specchio di Sara per leggerla. Perdersi nella Storia del Cinema è facilissimo. n.184. Se questa intervista esiste vale la pena recuperarla. Yes, it does! n.187: molto interessante, Mark, ma tu ci starai già lavorando… n.191: trovo davvero affascinante questa manifestazione fisica degli effetti della casa su Reston e gli altri:

LABIRINTO [casa] <—-> LABIRINTO [orecchio interno] = vertigine, confusione, vomito.

11 febbraio 2020. n.192: Johnny T. fa qualcosa di imprevisto e [ ] … vivo. n.193, p. 159. La Belle Nicoise et le beau chieu mi obbliga a interrompere la lettura per verificare. Aaargh! (Comunque è falso per fortuna. Ci sono arrivata dopo 20′ di ricerche a vuoto, perché Internet è una bestia peggiore di queste note). Pag.169: “I tre decidono di separarsi”. facepalm. P.177, n.202: è l’impressione che mi ha dato dall’inizio. La casa [ ] e [ ] in conseguenza di chi c’è dentro.

12 febbraio 2020. Sono a pag 325 curiosa di capire se Navidson resterà lì, [prigioniero della casa fino alla morte]. E Johnny, che ormai sembra irrimediabilmente PERDUTO? Che ne sarà di loro? // ore 22.30. Ho letto il racconto “La Lotteria” di Shirley Jackson. Il finale si rivela poco a poco attraverso certi dettagli che ti innestano un minimo di sospetto e ti mettono sul chi va là…, è inquietante sopra ogni immaginazione. MAGISTRALE. Leggerò volentieri gli altri della raccolta, magari con del vino rosso e un po’ di cioccolata.//

13 febbraio 2020. p.347. In relazione a “Halloway” e Navy, la frase:

“le riprese recuperate in quella terribile oscurità ci hanno insegnato che, anche se il sentiero è diverso, la meta potrebbe non esserlo”

, indica che la casa farebbe impazzire anche un santo. Questa affermazione è cibo per la mente, non mi convince del tutto. P. 351. Non è stato il mostro a [ ] H., ma la casa lo ha [ ]. vs Tom, umorismo, forza del riso contro quella delle armi.

Cap. XVII. Floyd Collins, Kentucky, 1925. vero/falso? (vero!). Antico mantra Hak-kin-Dak… sembra una presa in giro. vero/falso? (falso, ma ispirato). p. 348. In un momento di totale smarrimento si rende necessario riaffermare la propria identità, il proprio ESSERE.

“L’immensità della casa di Navidson elude l’inquadratura”

L’oscurità è tale che tra una stanzina e una sala di Moria non c’è differenza, almeno non all’interno della ripresa e forse nemmeno nella mente di chi vi è intrappolato.

la storia di Androclo e il leone

.il mito è Redwood. Appendice B. -> Pelikan? Non mi è chiaro.

.Però è interessante il confronto tra Tom e Holloway, l’uso dell’umorismo si rivela efficace per tenere a bada il mostro della paura.

p 351, nota 301. La diabolica macchina di Perillo, Falaride.

14 febbraio 2020. 15 febbraio 2020. Cap. XV Le Opinioni degli altri, p. 369. A parte il sorriso che mi suscita vedere celebri nomi tra gli intervistati e a parte l’interesse più o meno grande riscosso dalle loro opinioni, posso dire che dal mio punto di vista l’unico che dica qualcosa di sensato sia S.King. Divertente perché lo scrittore tende a equiparare il valore del simbolo alla cosa stessa, ed è l’unico ad intuire che essa è reale, “da farsela sotto dalla paura”, mentre tutti gli altri analizzano il documentario con occhio clinico, sondando possibilità e motivi nella psicologia, nell’architettura, in problematiche di regia che lasciano il tempo che trovano. Domenica 16 febbraio 2020. Cap. XVI. La possibilità di affrontare il problema dal punto di vista scientifico viene ridotta a mera suggestione e solo attraverso le note. Cap. XVII. Navy torna a casa. 4a vittima (non proprio, ma così sembrava al momento). *Delial non lo ha mai lasciato e probabilmente vedere Tom morire per salvare Daisy lo ha distrutto. Un senso di colpa tale da portarlo al s[ ]. vedi Kevin Carter, Pulitzer 1994.

n.367. “…che le più grandi lettere d’amore sono sempre scritte in codice per una persona e una soltanto”

Delial = albatro

n.372. è stato il dubbio che mi ha roso in questi giorni, prendendo in esame l’opportunità di scegliere un tema come quello della [ ] Un’immagine che fa sanguinare e che non posso smettere di dimenticare.

*infatti, vedi n.377! Ormai riesco a precederti, Mark!

p. 392. spunto interessante. Svariati campioni della casa sembrano risalire a prima della [ ].! n. 348. materia extraterrestre, interstellare?? n.350. ovviamente, oltre a bestemmiare, il lettore si chiederà se è davvero colpa di JT o se le 17 pagine mancanti sono opera di qualcos’altro. Da utilizzatrice di boccette d’inchiostro tendo a essere sospettosa. P.396. rendersi conto che avresti potuto saltare le tre, quattro pagine precedenti, note comprese, e arrivare comunque al succo del discorso. Odio et amo questo libro.

P.397. “Le menti più scrupolose, tuttavia, considerano le congetture scientifiche sulla casa alla stregua dell’ennesimo vicolo cieco. Ancora una volta il linguaggio dell’obiettività fallisce nel produrre un’analisi adeguata della natura dell’edificio di Ash Tree Lane.” Grazie al cazzo, Mark.

p.399. Toh, una persona chiaramente non del tutto stabile riesce ad acquistare pistole e fucili on line, senza alcun controllo. Gooood moorning, U.S.A.! p.400, n.356. è la forma del saggio critico che la investe di credibilità e raggiunge questo formidabile risultato. MA allo stesso tempo siamo troppo distanti dalla casa, studiandola in questo modo, per poter trasformare l’inquietudine in vero terrore. (nonostante la grafica in un certo senso aiuti. v. pagine 463 e seguenti.) p.499. maledizione, non mi ricordo come si legge lo spartito. L’esplorazione n.5 è un misto di disperata rassegnazione e angosca, ormai pensi che N. sia fottuto. Però ti ritrovi nel frattempo ad ammirare Karen e Reston. Soprattutto K.

p.513.Come a dire che non solo questo libro non si può distruggere, ma nemmeno incolpare. […] Credo che qualcosa mi stia possedendo, in questo momento“. Le seguenti pagine di JT sono tra le più angosciose e dure di tutto il libro. Se prima lo osserviamo lentamente solo avvicinarsi a questa spirale di follia, qui cade, cade, cade… p.515. “Dormo sotto le panchine. Con me ho solo le pagine svolazzanti del mio libro di Dante, un tale fiorentino…” L’Inferno, suppongo. Non potevi trovare una lettura più adatta. p.517. urgh…passaggio indigestibile. p. 528.Mi suscita una pena immensa, perché spero che possa avere anche lui il suo riscatto, ma allo stesso tempo il dannato libro ti confonde così tanto che non sai se quello che stai leggendo è vero o no. Non sai se sperare. p.529. Fanculo, Mark. p.539.Spiacente, non mi resta più nulla. So fucking depressing. Ovviamente potrei fare un sacco di considerazioni su quanto la spirale discendente di JT somigli alla discesa/risalita di Navidson nell’ultima esplorazione… Sono entrambi estremamente provati dalla vita, ma uno aveva qualcosa da perdere, per cui lottare, l’altro forse no.

p. 548. Sono contenta di come sia andata a finire per Navy, Karen e i bambini, anche se dopo tutto quello che gli hai fatto passare, caro Mark, potevi almeno risparmiarla da [ ]. Il fatto che la casa sia [ ] non mi sorprende né mi turba, anzi, spiega molte cose. L’ultima immagine è davvero suggestiva.

Chiudo Casa di Foglie con ancora qualche interrogativo, molto provata, ma davvero soddisfatta di averlo letto. Forse questo libro mi ha tolto un poco di sanità mentale, ma mi ha dato molto su cui riflettere e mi ha trascinato e cullato insieme, facendomi smarrire per giorni in uno spettacolare labirinto che è insieme tragedia, horror e storia d’amore.

Febbraio 2020 – 3300 Secondi

3300 secondi, un’ora di scuola e quattro ragazzi apparentemente soli ad affrontare le loro vicissitudini, che si sfiorano senza mai davvero toccarsi. Questi gli ingredienti del libricino di Fred Paronuzzi, pubblicato nel 2016 da Camelozampa.

92 pagine che si lasciano divorare con estrema facilità, anche grazie al particolare font Easy Reading, ma che non è altrettanto facile dimenticare. 

Quattro punti di vista si alternano narrando ognuno la propria storia, quattro voci che ci catturano immediatamente e che a tradimento commuovono e ci mettono di fronte a temi duri quanto complessi. Conosciamo Lea, che si è dichiarata a Julie la sera prima e ora subisce qualcosa di peggio del rifiuto, l’indifferenza. E Ileys, davvero a suo agio solo quando può indossare gli abiti di un altro personaggio sul palcoscenico, che rivive le difficoltà del suo essere diverso, migrante che mastica una lingua non sua, studente bravo ma taciturno, mai davvero parte del gruppo. 

Poi Océane, che distrutta da un terribile evento decide di bussare alla porta dell’unica persona di cui si fidi, a scuola, e di confidarle il suo cuore violato, con le lacrime agli occhi. 

C’è chi pensa di essere al di fuori della portata di qualsiasi mano tesa. È questo il caso di Clément, che si trascina come un fantasma da una lezione all’altra, da casa a scuola, pensando che vivere senza sua sorella ormai non sia davvero più vita, ma solo una prigione soffocante. 

Il formato di 3300 secondi, “La ou je vais” in lingua originale, è tale che basterebbe la tasca di un cappotto per contenerlo comodamente, una mezz’oretta di lettura per esaurirlo e richiuderlo. Eppure il contenuto riesce a trasmettere in poche righe tutto un universo di vite vissute, la sofferenza dei quattro protagonisti e la loro sorpresa nel trovare qualcuno disposto ad ascoltare davvero, a posare una mano sulla spalla per offrire conforto, amore o semplicemente un consiglio inaspettato, la spinta verso un futuro ricco di speranze e promesse. A colpire è l’alto grado di realismo, che si rispecchia nel linguaggio fresco e vero della narrazione, in quello dei dialoghi e dei pensieri. Interessante anche l’affresco di adulti con cui i quattro ragazzi protagonisti e i loro compagni si devono confrontare: alcuni freddi e distanti, appaiono troppo frustrati ed esausti per riconoscere la difficoltà e la sofferenza negli occhi e nella voce dei loro studenti; altri sono ben più percettivi ma mancano della volontà necessaria ad andare oltre la loro divisa; infine quelli che più ci impressionano positivamente, sono proprio quelli che sanno ascoltare e guardare, che empatizzano e che ci tengono al punto da sapere quando è il momento di superare la scrivania e sedersi sulla sedia lì accanto, a portata di abbraccio. 

Fred Paronuzzi ha tessuto insieme quattro storie che sono una storia sola, ricordando ai suoi lettori l’importanza di esserci per gli altri, del prestare attenzione al dolore nascosto dietro certi sguardi vuoti e labbra chiuse, e donandoci la speranza di un incontro che sappia illuminare con le parole più giuste i nostri momenti di buio. 

3300 secondi è certamente un piccolo ma grande tesoro.

Recensione pubblicata nel n.77 de La Salamandra, rivista interscolastica e universitaria di Treviso