Tasmania

di Paolo Giordano

Scrivo di ogni cosa che mi ha fatto piangere

Il senso di irrisolutezza con cui ho chiuso il libro paradossalmente non mi ha lasciato a bocca asciutta. Tasmania di Paolo Giordano, recente pubblicazione Einaudi, è per certi versi più simile a un diario che non a un romanzo, e la sua struttura, così come il suo stile evocativo, unito a una narrazione che sembra autobiografica, mi ha coinvolto al di là di ogni mia aspettativa. In Tasmania la crisi intima, identitaria e coniugale del protagonista e dei suoi amici si intreccia al filone di crisi internazionali e comunitarie, dal cambiamento climatico al terrorismo, dal movimento per la parità di genere al fantasma della bomba atomica, seguendo gli eventi in un ordine cronologico, quasi diaristico per l’appunto, capace di rendere il lettore complice e coprotagonista in un certo senso, riportandolo a una collocazione temporale e spaziale molto precisa che è la cornice di questi ultimi otto anni.

Non ero il solo a intrattenermi così : il sito registrava il numero totale di detonazioni da parte degli utenti, che aveva già sorpassato i due milioni. Là fuori c’erano migliaia di distruttori di mondi. La fine della specie umana era un passatempo nuovo. Quanto a me, pensavo molto alla bomba e non più ai figli che Lorenza e io non avremmo avuto.

L’autore colpisce inoltre per il modo in cui affronta il tema della paternità e dell’amicizia maschile e adulta, senza banali didascalie, ma con la forza di immagini e scene evocative unite a un linguaggio radicato nella realtà, scevro di abbellimenti.  

Personalmente ho trovato commoventi i riferimenti a Hiroshima e Nagasaki, nella memoria diretta di due hibakusha, sopravvissuti alla bomba e alle sue conseguenze. Le riflessioni sul cambiamento climatico invece mi hanno fatto pensare più volte a Jonathan Safran Foer e al suo “Possiamo salvare il mondo, prima di cena“, mentre più in generale l’ordito di elementi scientifici mi ha fatto provare nostalgia di Fredrik Sjöberg, (L’arte di collezionare mosche). Sono tante le frasi che ho sottolineato e le pagine che mi sono appuntata per poterci tornare. In generale non ritengo che questa sia una lettura adatta a tutti, proprio per la sua particolarità strutturale, ma Tasmania è un libro affascinante che mi sento di consigliare perché non si fa dimenticare una volta letto, dona profonde suggestioni e credo che la sua intensità e la sua onestà cruda lascino il segno. 

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Respirare Mumbai

Da Megalopolis a Shantaram : in viaggio con le parole

La lavastoviglie si è rotta due settimane fa. Una seccatura, vien da dire, se non fosse che il lavare i piatti a mano si è fatto rito, col passare dei giorni, e ormai quasi pregusto questo momento.

L’acqua scorre. Esce dal rubinetto costante, calda, e si infrange in schizzi sulle stoviglie, sui bicchieri di vetro e sui piatti in ceramica che riempiono il lavabo. Strofino via lo sporco con la spugna imbevuta di detersivo. Lavo senza guanti, non li sopporto, ma sulle nocche già avverto un bruciore, si stanno formando delle piccole bollicine rosse. Un fastidio registrato a mala pena mentre proseguo il mio lavoro con movimenti meccanici, automatici. Dalle cuffie premute sulle mie orecchie esce la voce registrata di Pablo Trincia. Mi sembra di averlo a fianco, qui e ora, in cucina; anzi no, sono io al suo fianco, mi sta guidando per le vie scalcagnate della ricca umanità di Dharavi, il più grande slum di Mumbai, balzando da un futuro terrificante a un terribile presente, e infine arriva a Mahul,  che intossica e uccide i suoi abitanti, proiettandomi in una realtà così lontana dalla mia che fatico a comprenderla appieno, ma di cui non dubito, neppure per un secondo. Sono avvolta dai suoni, dagli odori e dai sapori dell’India in modo tanto tangibile che mi sembra di aver davvero preso un aereo.

“Dio parla all’uomo attraverso le storie”

E’ un proverbio indiano che Pablo  cita nel primo episodio del suo podcast, Megalopolis – Mumbai 2050. Voglio credere a questo, qualunque cosa sia “Dio”. La narrazione si dipana più come un lungo racconto che come un reportage. Eppure i dati ci sono, le proiezioni scientifiche pure. Ma la sensazione resta quella di essere cullata, talvolta sballottata  e stravolta dalle onde di un mare destinato a sommergere tutto.

L’acqua scorre. Panta rei, penso. Giro la manopola per calibrare la temperatura. Ora è troppo calda, ora troppo fredda. Ogni due per tre apro e chiudo il rubinetto per evitare gli sprechi, ma so che è sempre lì a mia disposizione e posso anche berla senza rischio alcuno. Spruzzo un altro po’ di detersivo sulla spugna, inumidisco, strofino, sciacquo, e ricomincio. A 6231 km di distanza, a circa cinque ore in avanti di fuso orario, si vive nel dubbio e nell’attesa: scorrerà l’acqua, oggi?

Arrivano le sei di sera. Un altro momento della giornata, un altro rito. Mi accoccolo sul letto, semisdraiata. Forse non l’ideale per un libro di 1177 pagine, ma il peso retto dai miei polsi, così come l’irritazione sulla pelle delle mani, si riduce a un fastidio trascurabile, mentre ancora una volta precipito attraverso un substrato di nuvole e ritorno corpo nel Maharashtra, alle spalle di Linbaba. Gregory David Roberts mi strappa dalla quotidianità di gennaio, fatta di piccoli e grandi acciacchi, ansie per il domani, discussioni futili e progetti instabili, e mi dice: pace. Shantaram è la prima lettura dell’anno, e già dopo i primi capitoli so che tutte le letture successive soffriranno il confronto.

dalla serie “Shantaram”, Apple Tv

La lettura di Shantaram per me è stato un conforto prezioso e insieme una roulette di emozioni. Questo libro trabocca di vita e leggerlo è come scivolare lenti sotto la superficie dell’oceano e amare ogni immersione. Lo chiudo con un profondo senso di gratitudine. E’ un romanzo-mondo che mi ha risucchiata completamente, coinvolgendo tutti i miei sensi e afferrando in una presa ferma ma delicata mente e cuore. Libri così non si leggono, si vivono, e puoi contarli sulle dita di una mano. Personaggi così ti restano incollati addosso. Prabu, oh Prabu. Come si può amare tanto e soffrire tanto? Eppure se c’è una morale in questa storia, è che non si possono calcare le strade indiane di Mumbai se non a cuore aperto. Ne immagino la consistenza e il peso sul palmo della mia mano, non dissimile dalla spugna che ho usato per lavare i piatti e che ormai porta segni di coltello. Un cuore aperto è un cuore ferito, ma non c’è altro modo per leggere, non c’è altro modo per ascoltare e non c’è altro modo per vivere.

10 libri per il nuovo anno

Buon 2023!

Come tutti gli anni, arrivato il primo gennaio ho pensato con entusiasmo alle letture che mi attendono e ho iniziato a compilare una lista TBR che temo diverrà in parte anche TBB.

Hai presente la scatolina che abbiamo in testa, piena di foglietti con i titoli che ci capita di vedere o intravedere nei post dei nostri amici lettori o delle nostre librerie di fiducia, quelli che sembrano chiamarci dalle vetrine o dalle pagine di qualche giornale, quelli che “mi interessa, devo proprio recuperarlo!”, ma poi passano i mesi e niente, nada de nada? Ecco, io ho pescato da lì. La mia scatolina era stracolma, quindi era proprio arrivato il momento di aprirla!

Ho pensato di condividere con te almeno 10 libri che sicuramente leggerò durante l’anno, tra tanti altri che invece saranno scelte del caso, dell’umore e del momento. Ti invito a fare lo stesso nei commenti se avrai voglia!

1. Shantaram di Gregory David Roberts, Neri Pozza, 2005 ; 1177 pagine.

Al momento sono a pagina 343, mi sta coinvolgendo moltissimo. Un viaggio in parole che sa trasportarti al cuore delle cose.

2. Isola di Siri Ranva Hjelm Jacobsen, Iperborea, 2018, 256 pagine.

Ammetto senza vergogna che comprerei questo libro anche solo per la copertina!

3. Lettere tra due mari di Siri Ranva Hjelm Jacobsen. Iperborea, 2021 ; 96 pagine.

Siri Ranva Hjelm Jacobsen rifonda il mito della grande madre e dà voce alle nostre acque, protagoniste dei cambiamenti climatici in corso sulla Terra, per raccontare la nascita e il declino dell’umanità.

4. Riaffiorano le terre inabissate di M. John Harrison, Atlantide, 2022 ; 272 pagine.

5. Il tempo e l’acqua di Andri Snaer Magnason. Iperborea, 2020 ; 352 pagine.

6. Gideon la nona di Tamsyn Muir. Oscar Vault Mondadori, 2021 ; 452 pagine.

7. I Greenwood di Michael Christie. Marsilio, 2019 ; 590 pagine.

8. Guida il tuo carro sulle ossa dei morti di Olga Tokarczuk. Bompiani, 2020 ; 265 pagine.

Di questo avevo letto le prime pagine e subito mi ha affascinato per il tono della voce narrante e per l’atmosfera. Non vedo l’ora di continuarlo!

9. Brevemente risplendiamo sulla terra di Ocean Vuong. La nave di Teseo, 2020 ; 292 pagine.

10. Il caos da cui veniamo di Tiffany McDaniel. Blu Atlantide, 2018 ; 425 pagine.

Ed eccoci alla fine! Cosa ne pensi? Hai già letto qualcuno di questi libri? Chissà quali e quanti altri titoli si aggiungeranno durante questo nuovo anno…

Nel frattempo, è comodo aver messo giù i primi binari per il treno delle prossime letture, alcune delle quali già mi sbirciano dallo scaffale, stanche di essere ignorate. Scommetto che capisci bene cosa intendo: allora dimmi, quali sono i libri che ti stanno chiamando insistentemente?

La Mesmerista

“La Mesmerista” è il nuovo romanzo di Sara Simoni, giovane autrice italiana già apprezzata per la duologia fantasy young adult di “Ys” e per “Dolomites”.

Edito da Acheron Books, si sviluppa in 355 pagine che scorrono veloci grazie a un gioco a posta sempre più alta, tra tensione, passione, azione e mistero. “La Mesmerista” è infatti un’ucronia fantasy che si tinge di giallo e veste bene anche il rosa! 

Dalla quarta di copertina: 1920. Costretta ad abbandonare la valle trentina dove è nata a causa degli ideali politici della sua famiglia, la giovane Lena, ladra, bugiarda e mesmerista, ora vive di espedienti a Livorno, sul confine con le terre occupate dall’impero austroungarico, uscito vittorioso dalla Grande Guerra. Quando quello che avrebbe dovuto essere il colpo della vita si rivela un fiasco colossale, Lena finisce nelle mani della guardia regia. L’unico modo per evitare una condanna è diventare la pedina di un ispettore disposto a tutto pur di cancellare la minaccia dei mesmeristi dal regno, anche a usare i loro stessi poteri. Lena dovrà infiltrarsi nel palazzo e nella vita di Bastiano Adimari, uno degli uomini più ricchi della città, per rubare una preziosa arma che potrebbe cambiare gli equilibri europei. Ma Bastiano non è quello che Lena immaginava e, tra segreti e scelte terribili, il gioco dell’inganno rischia di intrappolare anche lei…

Leggendo si ha l’impressione di partecipare ad una fatale partita a scacchi tra l’Ispettore Doria, la famiglia di Bastiano Adimari e altri oscuri giocatori, partita in cui Lena Moroder viene coinvolta suo malgrado e a sue spese, sullo sfondo di una guerra a colpi di spionaggio e tradimenti tra le forze dell’Impero e quelle del Regno. E mentre il punto di vista della giovane mesmerista e quello di Bastiano ci rendono i rispettivi scopi chiari fin dall’inizio, i piani e le ragioni che muovono gli altri personaggi appaiono invece torbidi, innescando nel lettore una giusta dose di curiosità che alla fine viene senz’altro premiata. L’ambiguità di Doria è, a tal proposito, uno dei punti forti di questo antagonista eccellente, di cui non si giustifica mai la crudeltà, ma si arriva a comprenderne l’origine. 

Personaggi complessi, a tutto tondo, muovono in una Livorno anni venti tangibile e realistica: le descrizioni veicolano attraverso tutti e cinque i sensi impressioni forti e precise con un tratteggio ricco di dettagli che ben lungi dall’appesantire la lettura, ne esaltano l’esperienza. 

Un’altra nota di merito sta nell’assenza totale di infodump: le informazioni strettamente necessarie alla comprensione della trama sono distribuite con intelligenza e rivelate senza forzature, dando così il tempo al lettore di assorbirle e fare delle congetture. 

Il sistema magico, che ruota attorno alla Dottrina del Mesmerismo e che si fonda sulla teoria del magnetismo animale elaborata dal medico F.A.Mesmer, è solido e coerente. L’ucronia di Sara Simoni parte proprio da una domanda speculativa: cosa sarebbe successo se il mesmerismo fosse stato provato e non solo teorizzato? 

I mesmeristi della sua storia possono infatti espandere i loro campi mesmerici fino a ingabbiare altre persone e controllarle come burattini. Ma non solo… Le scene in cui Lena fa mostra delle sue capacità sono brillanti e cinematografiche, definendo in modo preciso i limiti e le potenzialità, ma soprattutto la pericolosità che fa del Mesmerismo una disciplina temuta e odiata nel peggiore dei casi, da sfruttare e controllare rigidamente nel migliore. 

Non bastasse il fascino della magia, dell’intrigo e dell’azione, la storia appassiona anche per il modo in cui si sviluppa il legame tra i due protagonisti, Lena e Bas: la loro relazione matura lentamente rimanendo in bilico tra verità e bugie e, benché sembri destinata alla tragedia, ci sorprende e ci fa sperare fino all’ultimo.

Ci sono altre chicche in questo romanzo che rendono superbo il meccanismo narrativo: citazioni che si possono cogliere e apprezzare, tic e modi di fare di certi personaggi che non si limitano a rivelare lati della psiche, ma sono funzionali alla trama. Niente di quello che leggiamo è lì per caso.

In conclusione mi spingo a dire che Sara Simoni con questo romanzo dimostra di non avere nulla da invidiare ad autrici celebri del panorama fantasy italiano e internazionale, da Licia Troisi a Leigh Bardugo, passando per W.E. Schwab. I diversi generi in cui spazia con abilità e il perfetto equilibrio narrativo fanno de “La Mesmerista” una storia adatta a una platea variegata, per tutti i gusti. 

Leggi o ascolta la recensione nel n.86 della rivista!

La Memoria del Samurai

La Memoria del Samurai (“The Lost Future of Pepperharrow“) di Natasha Pulley è un avvincente libro storico condito di pseudoscienza, realismo magico e fantastico steampunk. Ambientato nel Giappone del 1888, segue gli amati personaggi de “L’orologiaio di Filigree Street“: Thaniel Steepleton della legazione britannica, il formidabile Keita Mori e la loro peculiare figlia adottiva, Sei. Si trasferiscono da Londra alla residenza di Keita vicino a Tokyo, ma presto si ritrovano intrappolati tra fantasmi del passato e fantasmi di molti possibili futuri: il tempo si fa elettrico e la città è infestata; risolvere il mistero che ha messo in moto questo viaggio potrebbe costare loro non solo la vita insieme, ma molte altre vite mentre la guerra incombe…
Ho adorato questa storia. In particolar modo ho apprezzato il personaggio qui introdotto della moglie di Mori, Takiko Pepperharrow, il cui punto di vista e la cui storia mi hanno catturato e intrigato dalla sua prima apparizione. Fino alla fine “La Memoria del Samurai” mi ha tenuto sull’orlo della sedia. La Pulley ci offre un seguito molto divertente e affascinante che ha la capacità di trasportarci nella storia accanto a personaggi indimenticabili.

Unico rimpianto dell’edizione Bompiani è la perdita del titolo originale, a mio parere davvero perfetto, nonché la presenza di Katsu, il polpo meccanico, in copertina: meriterebbe uno spin off come protagonista assoluto.

Il titolo “Il futuro perduto di Pepperharrow” col senno di poi è uno spoiler grande come una casa, ma non basta a salvarci dal trauma. Grazie Natasha!

La lunga attesa di questa edizione (due anni dalla pubblicazione Bloomsbury!), è stata comunque ben ripagata e mi sento di ringraziare Bompiani per aver mantenuto la cura e la qualità che contraddistinguono i primi due volumi: La Memoria del Samurai è un degno compagno de l’Orologiaio e de Le Torri di Vetro, tanto che lungi dal saziare la curiosità del lettore crea nuove aspettative e speranze per futuri progetti.

In attesa di scoprire se si aggiungerà un quarto volume alla saga dell’Orologiaio, possiamo intanto approfittare del periodo natalizio e ritrovare a sorpresa i nostri amati Mori, Thaniel e Sei in un racconto intitolato “I cantori delle anguille“, presente nella raccolta Natale con i fantasmi pubblicata da Neri Pozza nel 2021 e riproposta quest’anno in una veste rigida davvero elegante!

Bestiario di Julio Cortazar

Mi ha molto colpito lo stile di Cortazar nel raccontare il magico e il soprannaturale, sottendendolo tra le righe con grandiosa maestria. E’ stato affascinante leggere questa raccolta, respirare un po’ delle atmosfere Argentine, provare un senso di inquietudine all’improvviso nel mezzo della pagina, e quasi sempre sorprendersi di qualcosa di inatteso nel finale. Tra tutti certamente il racconto che dà il titolo alla raccolta mi ha lasciato una maggiore impressione, non tanto nell’immagine suggestiva delle due tigri che si aggirano per casa, il segno di un’eccellente metafora letteraria che prende vita in questa storia come in poche altre da me lette, ma nella nascita di una terza creatura, la bambina in visita che anziché essere accudita finisce con l’accudire e si trasforma in mamma tigre, pronta a tutto pur di proteggere i suoi cuccioli. Il rovesciamento dei ruoli, la violenza domestica, l’infanzia negata. In questo racconto c’è un’incredibile esplosione dal particolare all’universale, un’intensità in crescendo da togliere il fiato.
Tra gli altri racconti, vale la pena menzionare in particolare Omnibus, Casa Occupata (che mi ha rimandato il pensiero a Casa di Foglie!), e Lontana – diario di Alina Reyes (che sarebbe un’ottima base per un romanzo più corposo o una sceneggiatura).
Sono felicissima di aver scoperto questo autore, perché mi ha fatto scoprire un modo diverso di narrare. Credo che mi riserverò altre letture di Cortazar per il prossimo futuro.

Avete mai letto qualcosa di questo autore? Se sì, cosa mi consigliereste?

4 spaziali novità librarie

Settembre, profumo d’autunno che bussa timido alle nostre porte, di carta stampata, di inchiostro fresco. Ecco quattro libri appena sfornati che spero di poter leggere presto nonostante la lunghezza già chilometrica della mia lista TBR:

Piranesi

di Susanna Clarke

uscita: 15 settembre 2020

Una Casa che contiene un Oceano, grande come il Mondo. Protagonista uno scienziato, tra i suoi quindici abitanti, che tenta di studiarla e che presto si imbatte in un mistero.

Susanna Clarke, che ha raggiunto fama e riconoscimento con “Jonathan Strange & Mr. Norrell” (un romanzo che ho a-do-ra-to da cima a fondo…note comprese!), torna dopo sedici anni con la stravagante, mistica storia di Piranesi, ispirata dalle atmosfere dei quadri dell’omonimo artista, Giovanni Battista Piranesi, così come da “Narniadi C.S. Lewis e dal racconto “La Casa di Asterione” di Jorge Louis Borges. Ammiro lo stile peculiare e la straordinaria inventiva di Susanna Clarke, che figura tra i miei autori preferiti. So già che questa storia mi trascinerà con sé al punto da farmi smarrire nel labirinto delle sue parole. E se non avete letto Jonathan Strange (o visto la serie tv), questo è il momento di recuperarlo!

“The beauty of the House is immeasurable. Its kindness infinite.”

nota personale: ho cominciato il mio 2020 con Casa di Foglie e Hill House. Mi sembra appropriato entrare nel Vestibolo della Casa di Piranesi per concludere in bellezza…


Troubled Blood

di Robert Galbraith

Il detective privato Cormoran Strike torna negli scaffali delle librerie proprio oggi, 15 settembre 2020.

Il 5° volume della serie si prospetta una lettura lunga (944 pagine!) e particolarmente calda, viste le recenti polemiche che sono state scatenate da alcuni commenti transfobici dell’autrice (J.K Rowling). Basti pensare che su Goodreads questo romanzo ha collezionato un rating di 2,6 ben prima della sua pubblicazione. Nonostante ciò, resta alto l’hype per il proseguo della storia, che vede Cormoran e Robin alle prese con un cold case di una persona scomparsa, con un’istanza di divorzio e un serial killer psicopatico. Se come me siete interessati al romanzo, Il Lettore Curioso ne parla qui.

nota personale: la miglior cosa da fare per maturare un’opinione critica su un libro è leggerlo. Per quanto possa essere in disaccordo profondo con alcune uscite della sua autrice, ho amato la serie di Cormoran Strike e Robin Ellacott e non mi asterrò dal recuperarlo appena possibile.


To Sleep in a Sea of Stars

di Christopher Paolini

In uscita il 22 settembre 2020

Ricordo un periodo, nell’estate precedente il mio secondo anno di scuole medie, in cui ho sviluppato una sorta di febbre d’anticipazione per l’uscita imminente di Eragon. Da allora ne sono passati di libri sotto il naso e di acqua sotto i ponti…. Il Ciclo dell’Eredità è un milestone della carriera di Paolini, ma non è certo l’ultima pietra. Dormire in un mare di stelle, edito da Rizzoli, uscirà in contemporanea nelle librerie nostrane e ci trasporterà “ai confini più remoti dello spazio“. Incontreremo Kira, una xenobiologa al lavoro in un pianeta alieno. La scoperta di una misteriosa pietra sarà il preludio di future epiche battaglie

nota personale: ringrazio Rizzoli per aver mantenuto il titolo e la copertina dell’originale. Li trovo entrambi splendidi!


A Deadly Education

di Naomi Novik

Ultimo ma non ultimo, in uscita il 29 settembre 2020. il libro di un’autrice che mi ha già fatto sognare con la fantastica serie di Temeraire (draghi e navi volanti all’epoca delle guerre Napoleoniche, what else?), e con Uprooted – Cuore Oscuro. Ahimè mi resta ancora da leggere il recente Spinning Silver, ma vedrò di rimediare quanto prima…

Hogwarts incontra Deadly Class. A Deadly Education è il primo volume di una trilogia ambientata a Scholomance, una scuola di magia diversa da tutte quelle di cui abbiamo già letto, senza insegnanti né voti. Una scuola dove sarebbe meglio non girare da solo per le sue sale, ma in cui è impensabile farsi degli amici. Diplomarsi è l’unico modo di uscirne…vivi.

El Higgins, la protagonista, non ha alleati, ma dispone di un potere oscuro e mortale quanto la scuola che si accinge a frequentare.

nota personale: purtroppo non ho scovato ancora notizie di una pubblicazione italiana, così come per Spinning Silver, di cui potete leggere però un’ottima recensione qui.

Che ne pensate di questi titoli? Quali novità librarie state attendendo con ansia?

Held by the cover

Giudicare il libro dalla copertina

Quante volte vi sarà capitato di rimanere bloccati davanti alla vetrina di una libreria, catturati da un’immagine in particolare? Le cover più belle sono opere d’arte che possono darci un’idea precisa della cura dedicata all’opera, ma talvolta si rivelano abili artifici in grado di alzare fin troppo le nostre aspettative.

Mi piaceva l’idea di condividere con voi alcune cover che mi hanno davvero fatta andare in visibilio:

Girl, Serpent, Thorn di Melissa Bashardoust

With the fire on high di Elizabeth Acevedo

Wilder Girls di Rory Power

Gideon the Ninth di Tamsyn Muir

The Ten Thousand Doors of January di Alix E. Harrow

Figli di Virtù e Vendetta di Tomi Adeyemi

Nevernight – Alba oscura di Jay Kristoff

Il priorato dell’albero delle arance di Samantha Shannon

Magonia di Maria Dahvana Headley

L’orologiaio di Filigree Street di Natasha Pulley

Le Torri di Vetro di Natasha Pulley

The Lost future of Pepperharrow di Natasha Pulley

Leopardo nero, lupo rosso di Marlon James

The Essex Serpent di Sarah Perry

Washington Black di Esy Edugyan

Straniero in terra straniera di Robert A. Henlein

Avete letto questi libri? Il contenuto secondo voi è all’altezza della mise en place? Ma soprattutto, quali sono le cover che vi hanno fatto impazzire?

Wrap Up – Giugno 2020

Giugno è iniziato nelle maglie della fantasia e della spiritualità ed è proseguito con racconti di vita più o meno biografica. Si è chiuso con un saggio che è stato come un pugno in faccia, con la scritta pugno sulle nocche.

1. GUNA di Masi e Nigraz [@simonepontieri]
Pubblicato da Edizioni NPE. Un racconto grafico che mi ha deliziato con le sue magnifiche illustrazioni, ma ha anche generato curiosità e molte domande sulla Teoria dei 10 Mondi. 4,7/5

2. LA CITTÀ DI OTTONE di S.A. Chakraborty. Anteprima Mondadori @oscarvault. Il primo libro della trilogia di Daevabad, con atmosfere da Mille e una Notte e una platea di personaggi dipinti in sagace chiaroscuro. Avvincente! Troppe descrizioni superflue rischiano però di appesantire la narrazione e come la maggior parte degli YA si profila all’orizzonte un triangolo amoroso che Renato Zero liberaci. Per saperne di più leggete la recensione completa 4,5/5

3. UNA DONNA di Annie Ernaux. Pubblicato da L’Orma Editore.
Una scrittura così non l’avevo mai assaporata. È affilata come una lama da macellaio, precisa e puntuale come il proiettile di un cecchino professionista. Mi ha ospitato nelle case e nei paesi di sua madre, intrecciando sapientemente la memoria biografica alla storia sociale. Una splendida scoperta, recupererò quanto prima le altre opere di questa autrice. 5/5

4.GLI INCONVENIENTI DELLA VITA di Peter Cameron, (di cui leggerò Un giorno questo dolore ti sarà utile). Edito Adelphi. Dopo un inizio pieno di dubbi e inciampi, la lettura del racconto LA FINE DELLA MIA VITA A NEW YORK si è rivelata profonda e interessante. Il dolore trasuda nell’esistenza del protagonista, purtroppo incapace di superare il trauma di un grave incidente da lui causato. Il suo compagno e una sua cara amica tentano senza riuscirci di trascinarlo fuori da questo stato, che forse potrebbe cambiare solo abbandonando New York e ricostruendosi altrove. 3,7/5 // Il secondo racconto, DOPO L’INONDAZIONE, anche grazie al p.o.v in prima persona davvero riuscito e alla traccia di altre tematiche, mi ha coinvolto e affascinato molto più. 4,8/5

5.POSSIAMO SALVARE IL MONDO, PRIMA DI CENA di Jonathan Safran FoerGuanda editore. Un pugno in faccia di cui abbiamo davvero bisogno condito di necessaria, quanto condivisa, autocritica. Leggetelo! 4,9/5 -> meriterebbe un 5 pieno solo per l’importanza, ma risulta ripetitivo in certi punti.

Giugno 2020 – La Città di Ottone

Libro Primo della Trilogia di Daevabad. Novità libraria in anteprima!

S.A. Chakraborty trasporta nelle pagine la sua passione per la storia e le credenze che fanno parte della sua fede. Ambienta City of Brass, che lei stessa con molta umiltà definisce una fanfiction storica, nel XVIII secolo. Leggendo subito ci tuffiamo nell’Egitto invaso da Francesi e Ottomani, al principio del colonialismo occidentale nel medio oriente. Il tema ricorrente è l’occupazione di una città, quella umana del Cairo, quella semidivina di Daevabas, e le conseguenze a breve e lungo termine di questa occupazione, descritte nel modo più realistico possibile. E cioè senza negarne alcune in favore di altre, tenendo conto delle generazioni che passano e degli incontri e scontri di culture diverse, di pregiudizi e discriminazioni, di scelte politiche e ribellioni civili.

S.A. Chakraborty

Come dichiarato in una intervista a Kirkus redatta da James McDonald, Shannon K. Chakraborty pianta i semi di City of Brass una decina di anni fa, quando, dopo essersi convertita all’Islam, vola dal New Jersey al Cairo per studiare, e lì per la prima volta ascolta storie di cerimonie usate per espellere un jinn che si sia impossessato di un uomo. La sua regola, una volta deciso di approfondire le ricerche per ciò che diventerà la Trilogia di Daevabad, è di non inserire nei suoi romanzi nulla di cui non avesse trovato traccia nei testi o nelle storie di quel paese. Cosa che personalmente, da studiosa e appassionata di storia, trovo davvero encomiabile.

Il desiderio che muove la penna di Chakraborty è quello di scrivere per la sua comunità, di dare rappresentazione ai ragazzi e alle ragazze, agli uomini e alle donne con cui ogni giorno collabora attraverso la sua Moschea, andando oltre il pregiudizio dei media occidentali.

Mi colpisce ciò che ha riferito in una seconda intervista: “I don’t think anyone can adequately represent two billion people and if someone did, it certainly wouldn’t be a white convert from New Jersey whose heritage land more Tony Soprano than Kamala Khan… I try to hold myself accountable to fellow Muslim first, and to showing respect and justice to a culture and history that I never forget isn’t mine despite how much I might enjoy it”

Il mondo della trilogia di Daevabad, complesso e affascinante, ha le sue radici nella cultura medio orientale ma si espande ben oltre i confini arabi. Uno sguardo alla mappa infatti ci indica i principali luoghi della trilogia, distribuiti nel Sahara, lungo il Nilo e poi a est dell’Eufrate, arrivando a toccare quindi anche Africa, odierno Pakistan, India e Cina.

anteprima della mappa nell’edizione italiana

Già dalle prime pagine dell’impeccabile traduzione italiana, che ho avuto il piacere di leggere in anteprima per Oscar Mondadori Vault e che troveremo in libreria da martedì 16 giugno, l’impressione è quella di una narrazione ricca e vibrante. Le descrizioni vivaci e dettagliate mi hanno fatto percepire con tutti e cinque i sensi l’atmosfera arabeggiante. Il vocabolario altresì contribuisce, non temendo di integrare parole straniere, che possono essere benissimo comprese dal contesto e meglio chiarite dal glossario alla fine. Anche se io rimango una sostenitrice delle note a piè pagina, che ritengo molto più funzionali a una lettura fluida e comoda. (Grazie di esistere Susanna Clarke).

Conosciamo Nahri, la protagonista. Una ragazza di circa vent’anni, sola e indipendente, resa scaltra dalle difficoltà della vita. Spacciandosi per guaritrice, truffa il prossimo per sopravvivere, consapevole delle ambiguità morali. E’curiosa e ambiziosa, ma anche molto pragmatica, e la sua lingua biforcuta mi ha strappato più di una risata, capace com’è di regalare momenti di assoluta ironia anche nelle situazioni piu tragiche.

Un lungo grido acuto sembrò lacerare l’aria. Non poteva tapparsi le orecchie, poteva soltanto pregare. “oh misericordioso” imploró. “Non permettere a quel mostro di mangiarmi”. Era sopravvissuta a un Ifrit che aveva posseduto un corpo umano, a gul famelici e a un daeva squilibrato. Non poteva finire nella gola di un piccione gigante

Alcune abilità molto peculiari di Nahri aprono al mistero sul suo passato e al suo legame con Daevabad, la città invisibile agli esseri umani in cui diverse tribù di daeva, jinn e shafit convivono in equilibrio precario, sull’orlo del prossimo sanguinario conflitto. Alcuni lettori potrebbero trovare questi jinn troppo umani, ma negli archi mitologici raramente eroi, divinità e semi divinità si sono mai mostrati al di sopra dei sentimenti e delle emozioni umane. Anzi, forse ció che li caratterizza è proprio l’incapacità di vivere queste emozioni con equilibrio, vere e proprie vittime del caos, dei tranelli, delle vendette e dei rancori, delle passioni e degli amori.

Nahri si dimostra talvolta impulsiva, ma più spesso opera in lucida diffidenza, specie quando si trova catapultata in un mondo che non conosce. È ben cosciente dei suoi limiti e della necessità di istruirsi non solo per essere all’altezza delle sue ambizioni, ma soprattutto per sopravvivere nel mezzo degli intrighi di palazzo cui suo malgrado viene data in pasto. In questo senso, i molteplici confronti con Nisreen, specie quello finale, sono tra le mie scene preferite.

Il suo legame con Dara, il daeva che ha invocato per errore, è uno dei fulcri del romanzo e presumo dell’intera trilogia. In lui riconosciamo il guerriero feroce e impietoso, un terribile nemico e un caparbio alleato con cui simpatizzare ma anche da temere. Al di la di come si evolve il loro rapporto nel corso della storia, unico punto che ho trovato prevedibile e forse anche troppo affrettato, mi piace il fatto che Dara per Nahri sia una sorta di Virgilio, una guida per scoprire la Città di Ottone e ciò che circonda le sue mura.

fan art di Marek Vosswinkel, Twitter: @DonkeySpittle

Quel che Dara non può o non vuole dire lo scopriamo attraverso un altro punto di vista, quello del principe Alizayd, incasinato, fin troppo ferreo nei suoi principi, ma anche sensibile e accorto.

Situazioni e personaggi sono ritratti in continuo chiaroscuro, un gioco di luci e ombre che cambia la percezione, ribalta i giudizi, aggiunge profondità senza mai cadere in facili dicotomie. Non ci sono buoni e cattivi, ci sono persone a tutto tondo, come Re Ghassan e i figli Muntadhir e Zaynab, per non dire del Visir Kaveh e dello sceicco Anas, che pensano e agiscono in un’incredibile gamma di grigi. In questo senso, alcune espressioni, gesti e stralci di dialogo rivelatori mi sono rimasti particolarmente impressi.

La Città di Ottone, a mio parere, non è un romanzo esente da imperfezioni:  le descrizioni di abiti, oggetti e monili, pur aiutando il lettore a immaginare un contesto lontano nel tempo e nello spazio e a farsi un’idea delle differenze e delle similitudini culturali e sociali della moltitudine di personaggi, rischiano in qualche passaggio di sommergerlo inutilmente di dettagli. Inoltre, non sono una fan dei triangoli amorosi e purtroppo ne intravedo uno all’orizzonte. Nonostante questo, la lettura è stata davvero piacevole e credo sia un ottimo romanzo d’esordio, ed una meravigliosa introduzione al mondo immaginato, o ancor meglio studiato, dalla sua autrice. Il richiamo più facile e immediato è ad Aladdin e alle Mille e Una Notte, ma io in queste 528 pagine ci ho visto molto di più.

Charles Folkard, 1913, una scena da Arabian Nights, del racconto Il Genio e il Pescatore.

S.A. Chakraborty è stata capace di dipingere personalità sfaccettate, di giocare con l’ambiguità insita nell’animo umano,  affondando i denti nella storia politica e nell’humus mitologico popolato da ogni sorta di creatura, (djinn, ghoul, ifrit, marid, peri, shedu…).

La narrazione scorre fluida e ritmata, senza troppe sbavature. Presto ci si trova a girare le pagine in uno stato di perenne anticipazione, perché lo scontro di spade ardenti, l’apparizione di mostri, lo svelamento di tradimenti o segreti potrebbero verificarsi nella prossima scena… Il finale arriva come uno schianto tremendo, ma non del tutto imprevisto, e ci lascia appesi a un piccolo ghigno* e a una rivelazione entusiasmante, col desiderio di leggere subito The Kingdom of Copper.

Leggere La Città di Ottone è stato come srotolare un tappeto, perdersi a osservare un singolo filo d’ordito e accorgersi solo in un secondo momento della straordinaria bellezza e complessità della trama. E poi, all’improvviso, prendere il volo verso una destinazione ancora ignota, sicuramente incantata.

**** 4,5 stelle